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Le mani sulla Coppa


Yokohama, Giappone, oggi. Finale della Coppa del Mondo di rugby, quando manca poco più di un quarto d'ora alla fine gli Springboks sudafricani stanno vincendo per 18 a 12 contro l'Inghilterra. In un'azione d'attacco Lukhanyo Am passa la palla a Makazole Mapimpi. L'ovale viaggia nell'aria e ... aspettate, fatemi dire una cosa. Nel 1995 il Sudafrica organizzò i mondiali di rugby, che Nelson Mandela volle fortemente per dimostrare al mondo la rinascita del suo paese, dopo l'abolizione del regime razzista dell'apartheid. Gli Springboks vinsero quella competizione e, per segnare il nuovo corso, nel quindici titolare c'era anche un giocatore nero: il suo nome è Chester Williams ed è un nome che è diventato un simbolo del nuovo Sudafrica. Poche settimane fa Chester se ne è andato, ad appena 49 anni, per un infarto cardiaco. Torniamo in Giappone, su quella palla ovale che sta viaggiando tra le mani di Am e quelle di Mapimpi. Sono due mani nere e Makazole Mapimpi riceve e vola verso la meta. La partità si è chiusa 32 a 12 per gli Springboks e sono state nere anche le mani del giocatore che per primo ha ricevuto la Coppa: il capitano della squadra, Siya Kolisi. Al termine ha detto "Siamo un Paese che ha tanti problemi, ma avere una squadra così, con radici diverse ma unita, dimostra che insieme possiamo fare grandi cose". Bravo capitano, complimenti Sudafrica. Peccato che Chester Williams non fosse lì a godersi la festa. Ma io dico che c'era, anzi da lassù l'ha vista meglio di tutti.

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