Pokémon a gogò
Vorrei evitare di pensarci, chè non è esattamente in cima alle mie preoccupazioni, ma questo del Pokemon Go par essere diventato l'argomento centrale di un'estate che invece avrebbe ben altri motivi di inquietudine. Di che si tratta lo sapete, lo riassumo solo per coinvolgere nel tormentone quei fortunati che fin qui l'avevano scampata. Il videogame è della Nintendo e non fa altro che combinare le nuove tecnologie con una mappa non dissimile da quella già adottata da Google. Il risultato è stato quello di disseminare il pianeta di mostriciattoli virtuali a disposizione dei giocatori. Un'app del telefonino è tutto quel che serve per partecipare. Qui in Italia il Pokemon Go è arrivato da poco ma è già popolarissimo, specie tra i giovani ed i giovanissimi. Sono migliaia le foto che circolano sulla rete che vedono ritratti questi ragazzi intenti a spolliciare i loro smartphone per la loro caccia. Vedo lanciare da più parti degli accorati gridi d'allarme verso questa "gioventù perduta", che vaga per le strade china sul cellulare. Già si fa a gara per comparare queste inutili fanciullezze con l'adolescenziale "età dell'oro" che i loro genitori hanno invece conosciuto. C'è più di una cosa che non mi suona, in questo corale concerto di nostalgici del nascondino e del gettone telefonico. Intanto verrebbe da chiedersi quei telefonini da centinaia di euro chi gliel'ha comprati, poi tanti di questi reduci del jukebox e del gioco della campana li leggo criticare mentre strapazzano il loro Iphone per chattare con pokemon virtuali quali i "separati in casa" ed i "single dal lunedi al venerdì". Insomma, si erge a giudice il distratto esercito di quelli che bruciano la cena in forno mentre perdono tempo su Facebook. Proviamo a starci di più, con questi figli. Sforziamoci di parlarci e soprattutto di ascoltarli. Affidare le nostre critiche ai social network è come introdurre un congresso di vegani addentando una fiorentina.