Il nodo di Tiziana
Tiziana non ce l'ha fatta. Ha fatto un nodo con un foulard ai suoi trent'anni e li ha appesi sul soffitto di un mondo che la opprimeva e la derideva. E' l'ultimo atto di una tragedia che è iniziata quando Tiziana Cantone, giovane dell'hinterland napoletano, s'è vista mettere sul web dei video che la ritraevano mentre faceva l'amore. Mi fermerei qui, sulla soglia di quella privacy violata in modo così infame. Se riporto la foto di Tiziana è solo per ricordarla con il sorriso che vedo in queste ore campeggiare su tutte le prime pagine. Mi sposto invece sul meccanismo del "branco" che muove certi comportamenti collettivi e che trova sui social network le sue più parossistiche manifestazioni. Improvvisate gogne telematiche allestite sulle piazze del villaggio globale, volgari linciaggi al diverso, alla 'mignotta', al 'frocio', al'ciccione'. Niente di nuovo sotto al sole, basti pensare alle pagine di Manzoni sulla peste e "dagli all'untore". Ma nell'epoca di internet ogni informazione si moltiplica e prende esponenziale velocità. Un ex-fidanzato, all'ombra della Grande Effe Minuscola, può diventare così il più efferato dei persecutori. Se non è bastato che Tiziana cambiasse d'identità e di domicilio per sfuggire alla vergogna, se non sono bastate le sue azioni legali per rimuovere quei video dalla rete, significa che siamo tutti chiamati a qualcosa di più. Qualcosa che non è possibile rintracciare sul codice penale. Serve un'autentica rivoluzione delle coscienze, serve un'affermazione del rispetto della dignità della persona, serve un'educazione civica che parta dai ragazzi e smorzi sul nascere ogni fenomeno di bullismo. Certo, l'azione repressiva occorre e spero che il fascicolo aperto dalla Procura di Napoli per "istigazione al suicidio" conosca i passi necessari e individui i colpevoli. Ma quel nodo sul foulard di Tiziana è un nodo che dobbiamo sciogliere noi. Noi tutti, con le nostre coscienze.