Emanuela
Pistoia, estate millenovecentoqualcosa. Avevo appena finito il servizio militare e me ne andavo in giro in autostop, lo zainetto gonfio di poesie di Ginsberg e dei miei sogni. Concerto di Dizzie Gillespie in piazza al Duomo, pioggia leggera e appena un centinaio di persone. Fu Dizzie a dirci di salire tutti sul palco per non bagnarci. Me la trovai seduta vicino e trascorremmo il resto dell'estate insieme. Baci e jazz, le sue aspirazioni di ballerina classica e le mie giovani inquietudini, la Toscana e l'Umbria a farci da complici testimoni, osterie con vecchi con la voce arrocata dal sigaro dal vino e dai Soviet, campagne e colline che diventavano dei letti kingsize. Decidemmo di finirla a Chiusi, davanti a un piatto di pici; sancimmo l'accordo facendo l'amore tra i canneti. La storia potrebbe chiudersi qui, se non fosse che la vita riserva dei finali a sorpresa che neanche un'Agata Christie che si fa le canne. La rincontrai su un volo Milano - Los Angeles, anni dopo. Lei andava a San Francisco per uno spettacolo, io a recuperare un amico che si era messo nei casini . 12 ore per raccontarci che ci eravamo sposati con persone che non amavamo, per vederla mescolare rimmel e lacrime dentro quei fazzolettini profumati che danno on board, per pensare a come le estati siano stagioni maledettamente brevi. Ciao, Emanuela.