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Milano, Piazza Fontana al civico 4


12 dicembre 1969. Se a qualcuno questa data non dice niente, è esentato dal proseguire a leggere. Anzi no...è bene che rimanga, se ne ha voglia. Quell'anno lì era già accaduto qualcosa di significativo. A luglio, la fettona di Neil Amstrong aveva lasciato la sua impronta sul suolo lunare. Qui in Italia era notte, lassù boh non lo so ma nel guardare le immagini che arrivavano ci si sentiva come tutti membri di un unico club: quello dell'umanità. Niente frontiere a separare un'unica razza, capace di viaggiare nello spazio e di preparare un avvenire di progresso. L'Italia era allora quel che è sempre stata. Un concentrato di bellezze e di contraddittorie passioni. Tra queste ultime, quelle di una giovane Repubblica dove crescevano le esigenze di democrazia partecipata. Gli studenti s'erano già fatti sentire, raccogliendo le rose del maggio parigino. Gli operai avevano riscaldato l'autunno con domande nuove, che per la prima volta non ponevano solo richieste salariali ma parlavano di tempo libero, di organizzazione del lavoro, di salute, di rappresentanza. Se passate per Piazza Fontana, a Milano, noterete un'insegna su un bel palazzo fin de siècle al civico 4: Banca Nazionale dell'Agricoltura. Quell'istituto non c'è più, ma è rimasta l'insegna. Alle 16:37 del 12 dicembre 1969 dentro quei locali scoppiò una bomba. I morti furono diciassette. Quel giorno cambiò nel profondo la storia del nostro Paese, al punto che c'è chi parla di un "prima" e di un "dopo" Piazza Fontana. Introdusse una lunga, insanguinata striscia di attentati, di terrorismo, di profonde lacerazioni sociali. Sarei a dire che ferì nelle viscere il nostro "essere nazione", frantumò quel senso unitario di appartenenza che sembriamo ritrovare solo quando vinciamo un Mondiale di calcio. Più di tutto, preparò una stagione di misteri irrisolti (l'Italicus, Bologna, Ustica ecc.), di confuse trame, di crimini senza colpevoli, una stagione che incrinò nella 'forma mentis' collettiva la fiducia nelle istituzioni. E' un prezzo che continuiamo a pagare, un'impronta che resta nel nostro DNA nazionale. Ah, sempre lì - su un'aiuola spartitraffico e seminascosta dalle pubblicità - c'è anche una targa. Dice "A Giuseppe Pinelli, ferroviere anarchico. Innocente morto tragicamente nei locali della Questura di Milano il 15-12-1969". Aggiungo anche lui ai nomi dei diciassette morti innocenti della strage: Giovanni ARNOLDI, Giulio CHINA, Eugenio CORSINI, Pietro DENDENA, Carlo GAIANI, Calogero GALATIOTO, Carlo GARAVAGLIA, Paolo GERLI, Luigi MELONI, Vittorio MOCCHI, Gerolamo PAPETTI, Mario PASI, Carlo PEREGO, Oreste SANGALLI, Angelo SCAGLIA, Carlo SILVA, Attilio VALÃ.

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