"La vita io l'ho castigata vivendo"

I social network non sono un fedele spaccato degli umori dei nostri tempi, ma a volte vi si avvicinano. Ad esempio dimostrano come sia svogliatamente frequentato l'esercizio del perdono. Basta un piccolo sgarbo per segnare la fine di una fesbucchiana amicizzia (seguito a raddoppiarne le "zeta" per significarne l'intima particolarità), una lieve incomprensione può trasformare degli appassionati cuoricini in saporite sfanculate. Oggi Roma festeggia i suoi Santi Patroni: Pietro e Paolo. Non sono due tipetti da niente. Il primo ha costruito la Chiesa, l'altro ne è stato il primo testimonial. Gesù li ha nominati a queste delicate funzioni, eppure Pietro lo aveva tradito prima che il gallo rappasse il suo terzo kikkirikì e Paolo è stato un feroce persecutore dei primi discepoli, almeno fino all'intervento siriano di cataratta. La "follia" della Croce è anche in questo, nel fatto di ribaltare certi sbrigativi giudizi, nell'indicarci come il perdono renda migliori sia noi che il nostro prossimo. Se è festa per Pietro e Paolo, è festa per Roma. Significativo il fatto che oggi ricorra anche l'anniversario della morte di uno dei suoi figli migliori: Vittorio Gassman. Quei goodfellows di Radio Bella Età lo vanno ricordando con una maratona di poesie recitate dal Mattatore. Tra queste, c'è un passo di Cardarelli che ne sintetizza magnificamente l'esistenza: "La vita io l'ho castigata vivendo"