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Lo sceriffo di Facebook City


Con la grammatica, è la privacy la prima vittima dei social network. Con candida leggerezza si sventolano foto di figli e nipoti, si affidano al Mare Magno del Web preziose info sul lavoro e sugli affetti, si esibiscono disinvolti tranci di vissuto. È evidente che per molti non è chiaro il contratto che si sottoscrive quando ci si mescola all'agorà di Fesbucco o ai cinquettii di Twitter. Sostanzialmente, quello che postiamo su queste piazze telematiche smette di essere nostro e diventa di tutti, anzi più ancora diventa proprietà di chi ci ospita. Cancellarlo non basta perché resta a dormire per secoli sui voraci server di queste piattaforme. Per ogni controversia, il foro competente è quello della California... che è come dire che vige una sola legge all'ombra della Grande Effe Minuscola: quella dello sceriffo Mark Zuckerberg, il patron di Facebook City. Non c'è altro modo di tutelarci che la prudenza nelle condivisioni, ma non basta. Occorre percorrere per intero lo stretto sentiero che separa il diritto alla privacy dal dovere del manifestarsi, se vogliamo fare davvero di queste piazze virtuali delle occasioni di libero scambio di opinioni. Bisogna imporre, intanto con l'esempio, un galateo fatto di buone maniere, una net-etiquette che è la sola che può disciplinare le nostre telematiche relazioni. Allora una conversazione in chat non è fatta per essere esibita, una foto pubblicata in un gruppo o in una bacheca personale non va replicata in giro per sguaiate risate tra commarelle. Più ancora, serve comprendere che su quei lidi diventiamo tutti "produttori" di informazioni; se si copia qualcosa dal web bisogna indicarne l'autore, se si condivide qualcosa occorre verificarne prima l'attendibilità e la provenienza. Last but not least, iscriversi su un social indicando il proprio nome e cognome reali è il primo biglietto da visita della cortesia. Da queste strampalate colonne è da tempo che andiamo provando a disegnare i contorni di un'autentica "cittadinanza digitale", un luogo dove raddoppiare il senso di parole come rispetto e buona educazione. È l'unico modo per far sì che nel Far West dei social non ci sia solo uno sceriffo a dettar legge.

© RADIO BELLA ETA'

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