#penadimortemai
Il primo stato ad abolire la pena capitale fu il Granducato di Toscana, il 30 novembre 1786. Ecco spiegato il perché il calendario segna per oggi la Giornata Mondiale contro la Pena di Morte. Mentre saluto chi non si misura con qualcosa di più complesso di un sms, provo in sintesi a dire qualcosa di più ai residui lettori.Era il 1786, il "secolo dei lumi" e pochi anni prima che i parigini dessero l'assalto alla Bastiglia. Insomma le condizioni per un'impennata del senso civico e umanitario c'erano, eppure gli italiani ci arrivarono per primi. D'altro canto, Cesare Beccaria è milanese purosangue. "Se dimostrerò non essere la pena di morte né utile, né necessaria, avrò vinto la causa dell’umanità." Così diceva quel bauscia d'un marchese. Che poi - se si parla del primato civile del Bel Paese - mi viene da pensare alla lettera che Oscar Wilde scrive al fidanzato dal carcere dove sconta la sua condanna per omosessualità. "Quanto a te (grazioso ragazzo dal cuore di Cristo), ti prego, appena avrai fatto tutto quello che puoi, parti per l' Italia". Lo scrittore invitava così il suo amato a trasferirsi dalla severa Inghilterra vittoriana in un'Italia più tollerante e più culturalmente avanzata. Era più di un secolo fa, lo so. E si cambia, sovente in peggio. A dar retta a Fesbucco, ai social network ma anche solo ad ascoltare gli umori che attraversano i media, par di vivere in un Paese tanto più barbaro e incivile. Siamo in coda alle statistiche per quel che riguarda la vendita dei libri e dei giornali, tanto per dare un'idea dello stato delle cose. Quasi ovvio che il fatto di non leggere produca quel mattatoio della lingua italiana che è diventato Fesbucco. Vorrei salutarvi con un qualche elemento di conforto, ma non mi riesce. Mi rifugio allora gramscianamente tra il pessimismo della ragione e l'ottimismo della volontà per trasformare il ghigno in sorriso. E vi lascio un hashtag: #penadimortemai