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Battute infelici


"È stata una battuta infelice". Così si è scusato uno dei candidati alla presidenza della Regione Lombardia dopo aver usato l'espressione "razza bianca". Trovo superfluo unirmi anch'io al generale coro di reprimende che ha già sommerso il gaffeur; mi interessa di più andare a sovrapporre quel sostantivo "razza" sull'umana genìa del Terzo Millennio. Per restare intanto su Milano&dintorni, m'è tornato in mente uno scritto di Carlo Cattaneo che riprendeva quella stessa espressione da un giornale della metà dell'800, l'Allgemeine Zeitung. L'articolista chiamava "razza bianca" (Weiße Rasse) l'intellighenzia meneghina che tramava contro il governo imperiale e la contrapponeva alla "razza bruna" degli artigiani e dei contadini lombardi che invece - a detta del corrispondente - erano fedeli a Vienna. Insomma, in questo caso, "razza bianca" conteneva un'accezione volutamente negativa. come a mettere all'indice i circoli culturali milanesi che, con Cattaneo, si adoperavano nei moti risorgimentali. Sono andato a riprendere quel'episodio per significare come, di per sè, l'espressione "razza bianca" non debba per forza essere associata alla discriminazione. Ma è comunque sempre bene tirare su le antennine quando la ascoltiamo. Se vi capita di andare a vedere al ghetto ebraico di Roma la mostra "1938: La Storia" noterete come, sull'esempio della Germania nazista, anche i razzisti nostrani provarono a dare una base pseudo-scientifica alle loro strampalate teorie sulla superiorità ariana e sulla purezza (sic!) dell'italica stirpe. Oggi il codice genetico e lo studio del DNA ci fanno finalmente dire, con Albert Einstein , che esiste una sola razza: quella umana. E che il nostro comune trisavolo era un moretto tarchiatello che abitava l'altopiano etiopico qualche milione di anni fa. Sarei a dire che i razzisti di metà Novecento almeno provavano a mettere insieme qualche acrobatico supporto alle loro arzigogolate congetture. I razzisti d'oggi sono ignoranti e basta, però poi si scusano. Vien voglia di trattarli propedeuticamente a colpi di mazza da baseball sulle gengive. Dopo ogni botta un affettuoso "Scusa, è stata una battuta infelice".

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