Lettera dalla Papuasia, l'isola senza Facebook
Rieccomi a scrivere da questo lembo di mondo. Come già vi ho detto, ho riparato qui le mie stracche membra perché il governo della Papua Guinea, per mezzo del suo eccellentissimo Ministro delle Comunicazioni, ha "spento" Facebook per un mese. In molti mi hanno scritto per conoscere le motivazioni del draconiano intervento, anche perché è facile leggerci della pesante censura. No, non è così ... l'illuminato ministro della Papuasia vuole solo dare una sistemata ai profili Facebook dei suoi connazionali, sforbiciando via quelli falsi o che si segnalano per contenuti violenti. Dopotutto solo poco più del 10% dei cittadini della Papua Guinea ha un account Facebook ... ed anzi è curioso interrogarli sull'idea che si fanno dell'Italia quelli che qui preferiscono sostare all'ombra della Grande Effe Minuscola piuttosto che al fresco di quella di una palma. Per sintesi, i papuani iscritti al social pensano che gli italiani arrestino il loro ciclo evolutivo ai 40 anni e che dopo quell'età smettano di scrivere per dedicarsi ad un compulsivo proporre di pupazzetti disneyani, di cuoricini, di pupetti e di micetti. In questo irreversibile depauperamento dei neuroni, gli italiani over 40 si annodano intorno a questioni epocali quali "può esistere l'amicizia tra uomo e donna" o "l'amore conosce l'età". Per fortuna la più parte degli abitanti della Papuasia non è iscritta a Facebook ed allora il giudizio sui nostri connazionali è tutto sommato meno severo. In questi primi di giorni di vacanza ho già incassato più confortanti comparazioni; ad esempio Don Vito Corleone e Al Capone resistono come inossidabili rappresentanti del Made in Italy, almeno nell'immaginario collettivo di questi simpatici aborigeni. Proverò a scrivervi ancora, se vi va. Saluti e "Non rohm-peh-teh il-cah-tzo", che in lingua papuana significa "ogni miglior fortuna a voi".