Cartolina dalla Papuasia, l'isola senza Facebook
Ero riparato qui, in questo pezzo nascosto di mondo, per tenermi alla larga dalle chiacchiere sui social e dalle beghe politiche. Ma in Papua Nuova Guinea, se perdura il temporaneo "oscuramento" di Facebook, mi ritrovo invece in piena campagna elettorale. Non posso sottrarmi allora al compito di cronista, nevvero. Qui si fronteggiano tre principali partiti. Uno è il PD (Papuasia Disbilongwaswasmarasinbilongkilimjem) che però è perpetuamente a congresso per capire perché cazzo si chiama così. Un altro è il PF (Papuasians First), "Prima i Papuani" insomma. Sono degli intransigenti sostenitori del primato degli indigeni su tutti gli altri, sono contro l'immigrazione dalla vicina Indonesia ed amministrano già alcune grandi città dell'isola. Mi è successo ad un incrocio di Port Moresby di dover aspettare la notte per poter passare con la mia bicicletta, costretto come sono stato a far passare prima ogni papuano alla guida di una qualsiasi cosa con almeno una ruota sotto. L'altro grande partito dell'isola è il BBP (Bunga bunga party). Non lasciatevi fuorviare dal nome e nemmeno dal fatto che alla sua guida ci sia il proprietario dell'unica tv privata dell'isola. Il bunga bunga è un ballo che qui è popolare quanto il liscio in Romagna. Saluti, alla prossima e "an-dah-teh tut-tih affangala", che in lingua tok pisin significa "abbondante prosperità a voi".