XI - Cartolina dalla Papuasia, l'isola senza Facebook
Con le mie pretese di analisi socio-politica, finisco per tralasciare la vera ricchezza di questa straordinaria isola: la Papua Nuova Guinea è un autentico paradiso naturalista, ancora largamente incontaminato dalle tossine dell'era moderna. Le coste papuane sono un emozionante susseguirsi di creste, promontori, fiordi, rocce a strapiombo e spiagge di sabbia finissima. Il mare è così bello che richiama diportisti e velisti da tutto il mondo. Il guaio è che è però di difficile navigazione per la presenza continua di barriere coralline, di rocce affioranti e per la stessa inadeguatezza delle carte nautiche. Accade allora che sia all'ordine al giorno un SOS da parte di qualche natante. Quotidianamente lo yacht di un petroliere texano, di un principe saudita o di un miliardario australiano finisce per essere rimessato all'interno di un porto papuano. A quel punto questi ricconi vengono ospitati all'interno di un centro di prima accoglienza mentre le loro barche sostano nei cantieri per le necessarie riparazioni. Questi alloggiamenti per chi sbarca potrebbero essere paragonati a dei resort, con tanto di piscina e campi da golf. Eppure spesso questi naufraghi nababbi hanno da lamentarsi per il trattamento che gli viene riservato dalle autorità papuane. In uno di questi centri di accoglienza c'è stata una mezza rivolta perché i volontari che vi operano non vestono in livrea, in un altro hanno avuto da ridire per la qualità dello champagne che viene servito. Il governo della Papuasia, stanco di questa situazione, ha deciso di dare un deciso giro di vite. Quando un trawler battente bandiera britannica e di proprietà di un banchiere della City ha fatto richiesta di essere recuperato in seguito all'avaria dei suoi motori, le autorità Papuane hanno disposto la chiusura di tutti i loro porti. "The party is over", titolano i giornali della capitale. Che suona più o meno come "è finita la pacchia". Mah, staremo a vedere. Saluti.