XVIII - Cartolina dalla Papuasia, l'isola senza Facebook
Nel sospendere gli accessi a Facebook, il governo della Papua Nuova Guinea ha inteso controllare il numero degli utenti e la loro effettiva identità. Non so se la molla scatenante del provvedimento risieda nelle recenti cronache politiche, ma è certo che i social media vanno giocando un ruolo decisivo in prossimità di una qualche elezione. Aprire un account su Facebook è la cosa più facile del mondo: bastano un nome, un cognome, la spunta sull'accettazione delle condizioni e click ... benvenuto sotto la Grande Effe Minuscola. Nessuno ti domanda se ti chiami davvero Paolino Paperino, peggio ancora nessuno ti chiede se hai già effettuato altre iscrizioni con differenti nomi. In linea teorica, la stessa persona potrebbe aprire un numero illimitato di profili. Ma siamo certi che si va ragionando solo in linea teorica? Un'inchiesta del Times ha già portato alla luce come la Russia di Putin sia pesantemente intervenuta sui social per influenzare il Brexit inglese. In seguito gli hacker russi sono tornati a interferire sulle elezioni francesi appoggiando Madame Le Pen. L'obbiettivo è perfino ovvio: al Cremlino disturba l'idea di un'Europa forte e coesa. Il Times sul voto inglese ha individuato 150mila account basati in Russia che hanno cinguettato su Twitter il loro appoggio a Farage&C. Nelle società moderne non è più il "tintinnar di sciabole" a minare la democrazia. Con qualche decina di migliaia di finti profili si possono fare guasti peggiori che con le minacce armate e i linkifici di fake news sono sempre all'opera per servire qualche polpetta avvelenata. In un poderoso dossier presentato al Congresso americano si cita anche l'Italia tra gli esempi di "disturbo pilotato" da parte degli internauti di Putin. E' troppo chiedere di far luce su certe ingerenze? Saluti e "arfelin Facebook tara, sin 80 lt.", che in Hiri Motu pidgin significa "diffidate di quelle che mettono troppe foto di modelle su Facebook, di solito poi dal vivo sono degli scaldabagni da 80 lt."