Un mondo a colori
Ai Giochi del Mediterraneo l'Italia ha vinto la medaglio d'oro nella staffetta 4x400. La foto delle atlete azzurre ha conosciuto una grande eco sui media perché Maria Benedicta Chigbolu, Ayomide Folorunso, Raphaela Lukudo e Libania Grenot (e nei nomi c'è già un'indicazione) sono quattro belle ragazze nere. Ed è proprio sulla definizione del colore che oggi provo a sfidare la vostra pazienza di lettori. Spesso, su stampa e tv ma anche nel linguaggio quotidiano, si usa la formula "di colore" per definire chi ha la pelle nera. Parrebbe - e certamente è - un tentativo aggraziato di non urtare la suscettibilità di un nostro simile dalla differente pigmentazione, ma secondo me rappresenta un elemento di confusione semantica, un'inutile complicanza linguistica. Voglio dire, se le 4 ragazze della staffetta sono nere e se proprio se ne vuole segnalare la carnagione ... perché non chiamarle nere? Quel "di colore" somiglia molto al "coloured" che nei paesi anglosassoni è stato già messo da parte, almeno dagli organi di informazione. La lingua non è qualcosa di statico, ma cambia con i tempi e adegua il suo vocabolario alle novità del presente. E poi tutto sommato basterebbe - su certe cose - rifarci alle nostre più infantili reazioni. Per un bambino nessuno è "di colore" perché tutto è "di colore", perché ha a disposizione l'intera tavolozza della sua fantasia, perché il suo mondo è a colori. Conoscete forse un bambino razzista?