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Le tenebre di Ferragosto


Il ponte Morandi (dal nome dell'ingegnere che lo progettò) ha rappresentato per più di mezzo secolo un collegamento vitale per Genova. Per i genovesi non era un ponte, ma "il ponte". Vederlo adesso tranciato a metà, dopo aver adagiato sul Polcevera il suo carico di morte, è immagine che stringe il cuore. Genova ce la farà a superare anche questa tragedia così come ha sempre fatto nella sua millenaria storia; ultima in ordine di tempo, l'alluvione che la offese appena 4 anni fa. Se è vero che in queste ore tutto lo sforzo va concentrato sui soccorsi e se il cordoglio per le vittime deve precedere certe considerazioni più 'giornalistiche' ... è impossibile non pensare da subito alle responsabilità dell'accaduto. Di Giacomo Leopardi c'è una produzione letteraria forse meno conosciuta, ma che reputo più matura e che per certi versi racchiude l'intero pensiero del poeta. Ne "La Ginestra" il suo pessimismo cosmico finisce per individuare ed isolare le colpe degli uomini. Come a dire che se c'è un disastro naturale quello va accettato così com'è, ma se una tragedia è figlia dell'imperizia umana allora è inutile prendersela con la Natura Matrigna. Perché sul crollo del ponte di Genova il fato non c'entra. Ci sono responsabilità che vanno accertate in fretta, se non vogliamo aggiungere anche questa assurda strage di Ferragosto nel cassetto della vergogna, insieme alle troppe Ustica della nostra storia repubblicana. Se non vogliamo dire, come ne "La Ginestra" leopardiana, che «gli uomini vollero piuttosto le tenebre che la luce».

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