Le invasioni barbariche
- Emme Zeta
- 25 set 2018
- Tempo di lettura: 2 min

"Alle nostre frontiere premono milioni di affamati, molti di loro scappano da guerre e violenze". No, non sto sfogliando il giornale di oggi. Ho sunteggiato un passo di un libro di Ammiano Marcellino, un cronista latino del IV secolo. Roma in quel tempo è ancora un enorme impero che si estende dall'odierna Scozia fino ai deserti africani e arabici. Un impero che sta adottando il cristianesimo come religione ufficiale e che si è dotato di una seconda capitale, ad Oriente: Costantinopoli. La marea umana che preme alle frontiere e che descrive Ammiano Marcellino è concentrata ai confini con il Reno e il Danubio. Sono i "barbari", per usare un termine di provenienza greca e che ci riporta ai nostri manuali scolastici. Curioso che i barbari invasori fossero germanici biondi e con gli occhi chiari, mentre Roma aveva già avuto imperatori neri come Settimio Severo e la Chiesa contava già diversi papi africani. Ma andiamo avanti. Per quelli che fin qui hanno letto distrattamente, sto provando a scrivere delle "invasioni barbariche". Ma anche questa definizione può risultare fuorviante. Gli storici tedeschi - visto che ci sono di mezzo un pò dei loro trisavoli - la chiamano "Völkerwanderung", migrazioni di popoli. Secondo me hanno ragione loro, tanto più che quella moltitudine rappresentava braccia utili per l'Impero, che del lavoro dei barbari/migranti aveva disperato bisogno. Per non abusare della vostra cortesia mi fermo qui con la narrazione di quel periodo. Mi limito a pescare dal nutrito mazzo degli accadimenti di quell'epoca un'altra possibile similitudine con l'attualità. Mentre le legioni romane cercavano inutilmente di arginare l'immigrazione sul Danubio, i servizi dell'Annona davano da mangiare gratis agli abitanti di Roma e di Costantinopoli. Insomma per evitare che si presentassero delle rivolte sociali, si ammansiva il popolo riempiendogli la pancia. Un reddito di cittadinanza "ante litteram" che non evitò il rapido collasso dell'Impero d'Occidente.
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