Il latte dell'umana bontà
"Dopo Auschwitz non è più possibile la poesia" scriveva il filosofo Theodor Adorno. Io non la penso così e provo a spiegarne il perché. Nel riascoltare l'intervista a Marco Di Porto, nel 75° anniversario della razzia degli ebrei romani, mi sono sorpreso a sostare su alcuni passaggi. Non riguardano l'efferatezza dei nazisti e l'ignominia dei delatori. L'uomo purtroppo non ha conosciuto solo in quei frangenti certi abissi dell'anima. Nel racconto di Marco sono affiorati invece non pochi accenti di abbagliante nobiltà dei sentimenti. Ad esempio, i romani "ariani" che contribuirono alla rapida raccolta dell'oro che Kappler esigeva dalla comunità ebraica. I loro nomi non ci sono noti, ma forse è meglio così, chè il miglior premio per il bene che si fa dovrebbe aver solo Dio per testimone. (Roba che nell'epoca dei social media l'anonimato è diventato invece il "luogo" per sciorinare il peggio, ma andiamo avanti) Ancora nel racconto di quei giorni terribili dell'ottobre '43, mi sono specchiato in quella donna, la portiera di Via della Luce che raccoglie un bambino ebreo che le viene gettato dal camion tedesco ... fino a sentire le sue braccia come le braccia del mondo buono e giusto che sopravviveva a dispetto della fame e delle privazioni della guerra. Ho sentito vicine quelle voci di donne e uomini che ebrei non erano (basti pensare al ruolo decisivo svolto da sacerdoti e suore), ma che in quei giorni si sono adoperati per aiutare, per nascondere, per sfamare questi loro fratelli vessati e fuggiaschi. Ma torno all'affermazione iniziale di Adorno perché qualcuno potrà obiettare che vado parlando di quegli anni e non di questi, dove invece sembriamo smarrire il significato di parole come "solidarietà" o "umanità". E invece no, invece accade che a Lodi, vicino Milano, ci sia chi vorrebbe far mangiare da una parte i bambini italiani e gli altri arrangiatevi. E allora a Lodi accade che mamme e papà raccolgano in poche ore i soldi per farli mangiare insieme i bambini. Come nel '43, anche stavolta c'è stato un sussulto di dignità a scuotere le anime. Prendendo a prestito George Eliot,"il latte dell'umana bontà” è per tutti i bambini del mondo, senza distinzione. E in ogni sorriso di bambino c'è una poesia, quella poesia che neanche Auschwitz è riuscita a cancellare.