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Salviamo il salvabile


La prima settimana di novembre è stata segnata dal maltempo che ha imperversato su tutta la Penisola, dalla Val d'Aosta alla Sicilia. Il bilancio dei danni è ancora da misurare per intero, mentre il calcolo più triste è arrivato a contare più di 30 morti. Se vogliamo davvero discutere del problema, iniziamo a toglierci dalle inconcludenti secche dell'ineluttabilità di una fantasiosa Natura Matrigna leopardiana. E' perfino ovvio scrivere che scontiamo i nostri ritardi nell'affrontare una seria politica di tutela del territorio e ce ne arrivano quotidianamente chiarissimi segnali: oggi la "terra dei fuochi" campana, ieri il disboscamento nelle Dolomiti, domani la piena di percolato nel Palermitano. Noi a galleggiare così, tra un'emergenza e l'altra, senza una direzione univoca e senza politiche integrate per la difesa di un Paese che - per natura e paesaggi - non avrebbe eguali al mondo. La ricerca soffre di un'anemica erogazione di fondi, quando invece c'è urgente bisogno di risorse in campi quali la difesa del suolo, le energie rinnovabili, l'utilizzazione delle acque, la gestione integrata dei rifiuti urbani. Non che ci manchino delle figure professionali in grado di di misurarsi con queste epocali questioni, ma senza sostegno alla ricerca è del tutto conseguente che i ragazzi che escono dalle nostre Università finiscano per portare all'estero le loro competenze. So bene che il problema non è solo italiano, perché i cambiamenti climatici vanno segnando la storia del pianeta. Mentre scrivo sono con una felpa di cotone in un mattino romano di mezzo novembre e la California sta andando a fuoco per un incendio che ha già fatto più di 70 morti. Sarei per aggiungere che ormai è già troppo tardi per contrastare dei guasti ambientali così profondamente intervenuti. Ma qualcosa va fatto, vivaddio. Prendo in prestito il testo di una canzone di Bennato per dire che "’s'alza il sipario, forse è l’ultimo atto. Salviamo il salvabile"

© RADIO BELLA ETA'

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