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Tengo famiglia


Per chi indugia sui social network, accadrà di frequente di incrociare degli "arrabbiati". Sinteticamente, definirei così quelli che spolliciando il telefonino danno quotidiana prova di un insofferente stato, di un digrignar di denti contro un indefinito "sistema". Sono quelli che in questi giorni vanno tormentandosi (e tormentandoci) per cercare di capire perché in Italia non si sviluppano delle forme di protesta estreme come quelle che stanno infiammando la Francia. Di solito gli "arrabbiati" sono degli over40 che non hanno mai non dico saggiato il manganello della Celere, ma nemmeno sniffato l'acre odore dei lacrimogeni. Scoprono in età matura il ribelle che fin qui aveva abitato dormiente nel loro animo e che magari si limitava ad esprimersi in un urlaccio da stadio o in una felpa con lo scritta "hijo de puta". Un pò adiposo, incipiente calvizie e qualche fastidio alla prostata, l' "arrabbiato" su Facebook si lascia andare così a certe tardive rimostranze, con un esplosivo cocktail mezzo fasciosandinista mezzo incazzatosovranista. Ma lasciamo gli "arrabbiati" al loro destino di assalvinati da tastiera, per provare a rispondere al quesito che agitano. Perché noi italiani non facciamo casino come i francesi? E' domanda che mentre ve la giro provo a dare una prima risposta attingendo al famoso aforisma di Leo Longanesi: "Al centro del tricolore andrebbe scritto TENGO FAMIGLIA". Aggiungerei anche un "tengo casa". L'80% degli italiani vive in una casa di proprietà, quasi il doppio della percentuale dei tedeschi ... se serve per fare un paragone con chi non se la passa peggio di noi. Questa estensione della proprietà privata determina per forza di cose un "conservatorismo genetico", una moderazione istintiva dei comportamenti collettivi. Anche quando diamo apparente stura a certi eccessi populistici in realtà produciamo più fuffa che sostanza. Anzi, per dirla col gergo della marineria borbonica "facimme ammuina". E' un pò quello che in questi giorni accade nel 'braccio di ferro' tra governo e Strasburgo. Noi a Roma ad alzare la voce, poi appena nella stanze dell'Europa comunitaria ad implorare qualche ritardo spaghettomandolino, a balbettare il ritocco di un decimale, a rammendare una dichiarazione. Mentre aspetto i vostri pareri, sottoporrei infine un altro elemento che ci discosta dai "Gilets jaunes" d'Oltralpe. Al di là della matematica, il nostro debito pubblico è in larga misura nelle politiche assistenziali che hanno caratterizzato la storia repubblicana del nostro Paese. Al punto che, quando veniamo a sapere che un Ministro del lavoro è socio al 50% di una società che evade i contributi previdenziali, non solo non ne chiediamo le dimissioni ... ma anzi ci viene da comprenderlo. Ognuno di noi ha un cugino uno zio un parente (magari di secondo grado) che ha fatto un impiccio con l'assicurazione, che ripara lavatrici senza lasciare fattura, che s'è costruito la villetta abusivamente. Diciamocela tutta (almeno tra noi, che i francesi non ci sentono .... e se ci sentono che sappiano che ancora godiamo del rigore di Fabione Grosso a Berlino) dicevo diciamocela: quel Giggetto d'un Di Maio siamo un pò tutti noi, roba che vien voglia di totocutugnargli una serenata sotto il ministero a Via Veneto "lasciatemi cantareeee sono un italianoooo". No, noi non manifestiamo come i francesi. Che poi ... con quegli orrendi fratini gialli addosso, davvero poco fashion. Vuoi mettere il "Made in Italy"? E poi... e poi tengo famiglia.

© RADIO BELLA ETA'

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