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Il Venerdì Santo e la Brexit


Photo: Crispin Rodwell/ REUTERS

La Gran Bretagna sta impicciatissima con la Brexit, ma forse la complicazione più grossa gli arriva (pensa che novità...) dall'Irlanda. Intendo proprio l'isola, con l'Ulster, la Repubblica, la Guinness, la musica celtica, il rugby e annessi e connessi. Era il Venerdì Santo del 1998 quando un referendum ratificò quello che è passato alla storia come il Good Friday Agreement (GFA), un accordo di pace concordato tra Londra, Dublino e i partiti nordirlandesi. La percentuale di YES fu quasi plebiscitaria (94,4% in Eire, 71,1 % nell'Ulster) e a vent'anni di distanza va riconosciuto come il GFA abbia funzionato, restituendo a quella tormentata isola delle condizioni che ne hanno anche permesso un rapido sviluppo economico. Il merito va anche agli aiuti che la UE ha elargito alla Repubblica del Trifoglio e al fatto che, inserita in un contesto europeo, l'Irlanda si è potuta sottrarre dalla storica sudditanza con i loro scomodi e spesso indesiderati vicini. Tra le novità che il GFA ha introdotto c'è la libera circolazione delle merci e delle persone all'interno dell'isola. Il problema è che con la Brexit questi benefits rischiano di essere messi in discussione, mentre autorevoli legislatori ed esperti di giurisprudenza giudicano inammissibile che si possa cancellare un referendum che ha preceduto di 20 anni quello che ha sciaguratamente visto prevalere i "leave" in Gran Bretagna. Boh, affari loro verrebbe da dire ... visto che siamo già abbastanza incasinati del nostro. Ma in questo Venerdì Santo mi è venuto in mente di ricordare quel Good Friday di allora, tornato così prepotentemente d'attualità. Anzi, visto che ci sono non mi sottraggo alle raccomandazioni: fate i bravi da qui a Pasqua.

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