Forza Azzurre!
Come è noto, gli azzurri del calcio falliscono l'appuntamento col Mondiale da tre edizioni e nell'ultima non si sono neanche qualificati. Ma da venerdì avremo un'occasione per prenderci una rivincita; a darcela sarà la Nazionale femminile che in Francia si misurerà con le più forti rappresentative del pianeta. Chi ha la pazienza e il fegato di seguirmi avrà notato che cerco di tener lontani gli eccessi di personalismo, ma stavolta qualche pizzico di vita vissuta ce lo devo mettere per forza. Sì, perché al calcio femminile devo i miei primi impacciati passi nel mondo del giornalismo. Anni '80 e qualcosa, un editore coraggioso, una redazione di ragazzi di belle speranze, un paio di stanze, telefono e macchine da scrivere. Il giornale si chiamava "Calciodonne" (scopro solo adesso che il nome è stato scippato da un'altra pubblicazione...) ed aveva una frequenza settimanale. Eravamo arrangiati nei locali di un rappresentante di abbigliamento maschile e battevamo i pezzi scansando giacche e pantaloni, ma c'era l'entusiasmo proprio delle nostre arrembanti giovinezze. Il calcio femminile negli anni '80 non era riconosciuto dalla FIGC e non aveva visibilità su tv e giornali. Eppure, tra quelle difficoltà, riuscimmo a far uscire e distribuire in tutta Italia "Calciodonne". Anzi, come capita alle feste che si chiudono con i fuochi d'artificio, gli ultimi numeri conobbero una diffusione europea, in tre lingue e carta patinata a colori. Anche in quegli anni la Nazionale Femminile di calcio si faceva brillantemente valere, nonostante le difficoltà con le quali quel movimento sportivo si misurava. Immaginate anzi la diffidenza (quando non il sarcasmo...) con la quale media e pubblico maschile guardavano al Ladies' Football. Le azzurre erano guidate allora da Sergio Guenza, un allenatore formatosi nella conduzione delle squadre giovanili e che aveva tirato su calciatori del calibro di Giordano e Manfredonia, solo per nominarne un paio. E se vado scrivendo queste pillole di ricordi confesso che lo faccio proprio per lui, per Guenza. Oggi è un simpatico ottantenne costretto alla poltrona, ma ha speso una vita per il calcio anche se non ha mai lasciato il suo lavoro di tipografo di un giornale ("lavoravamo col piombo", certamente penserà appena mi legge). In uno sport intossicato dal business, Sergio è sempre stato un signore appartato, schivo, mai sotto i riflettori, al punto che su un web inondato dai selfies ho faticato non poco per trovare una sua foto. Il suo calcio, il calcio che ha insegnato a centinaia di giovani atleti ed atlete, è il calcio della passione e dell'impegno. Ecco, se nei prossimi giorni ci sorprenderemo a fare il tifo per l'Italia "al femminile", un po' di merito va proprio a lui: Sergio Guenza. Forza Azzurre!