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La Raccomandata


Da quando l'email ha praticamente soppiantato la corrispondenza cartacea, la cassetta delle lettere alloggia ormai soltanto quintali di pubblicità. Il problema è quando tra quelle cartacce vediamo spuntare una bolletta da pagare o una raccomandata da ritirare. Ed a quest'ultime che vorrei riferirmi, mentre ingollo il mio primo caffè del giorno. Venerdì scorso nella cassetta ho rinvenuto un cartoncino che riportava il mio nome, che mi diceva che non m'aveva trovato in casa e mi invitava a passare dalle/alle presso l'ufficio postale. Ho trascorso un weekend macerandomi in grevi pensieri, oscillando tra l'ottimistico auspicio che potesse essere la mia nuova carta di credito in scadenza e il cupo annuncio di una sciagura per le mie già fiacche finanze. Mi reco all'ufficio postale dove di solito vado a ritirare queste ferali notizie. Cinque signore dietro gli sportelli e nessuno al di qua, tranne me. Scelgo quella che sembrava più annoiata e le sventolo il cartoncino della convocazione, lei mi fa guardi-che-non-siamo-noi-delle-poste, è una società privata. Leggo meglio e in effetti la partecipazione mi chiama in un altro ufficio. Evito di ricordare che Poste Italiane non è pubblica, saluto l'indaffarata compagnia e mi reco presso la società più consapevolmente privata. Qui una sola impiegata in una stanza senza più pareti ma piena di corrispondenza. Prima di me, una signora che vergava il ritiro di una lettera bagnando di lacrime e rimmel il registro delle firme. Sto per scappare ma l'impiegata ormai m'ha puntato. Le confesso il mio nome e quando mi estorce anche il CAP capisco che sono spacciato. Ritiro con mano tremante una busta che riporta il severo mittente in maiuscolo : a scrivermi è ROMA CAPITALE. Esco da quella stanza senza più pareti e ti maledico Roma, perché t'hanno fatta capitale. Fosse stata, che so, Grosseto ... sarebbero stati i maremmani ad avere di questi stranguglioni. Perché a noi le multe ce le maiuscolano, mica ce le sussurrano gentili. Ah scusate, sono rimasto con una busta da aprire. Ne strappo un bordo come fosse la spoletta di una granata, pronto per lanciarla sul primo grossetano che mi capita a tiro. Dentro c'è ... un’altra lettera. Il destinatario sono indiscutibilmente io, del mittente già vi ho detto che è Roma Capitale tuttomaiuscolo. La leggo con voi, almeno nel suo primo rigo: "Si comunica alla persona in indirizzo, non reperita in casa dal notificatore, che in data odierna gli è stato notificato il verbale di violazione n. ". Mi fermo nella lettura, deglutisco e m'avvinghio stretto ad una parola: "persona". Fin qui è l'unica che mi accomuna blandamente all'umana specie. Per il resto sono un Violatore, per giunta irreperibile e braccato da un invisibile Notificatore. Mi guardo attorno per sincerarmi che nessuno dei passanti riconosca il criminale che sono e vado avanti con la lettura. Dopo aver frullato qualche numero di protocollo, finalmente compare una data che dovrebbe riportarmi alla Grande Violazione. 12/04/2019. È tutto, per il momento. Il resto lo saprò recandomi presso l'Ufficio che sta in Via e questo il civico e sbrigati a venire sennò sono guai peggiori. Insomma, una specie di caccia al tesoro dove il premio potrebbero essere un paio di manette. Ma è sugli orari di ricevimento che cade la mia residua attenzione, neanche un Walt Disney strafatto di crac avrebbe saputo comporlo più fantasiosamente. Dal lunedì al venerdì non c'è un intorno di orario uguale all'altro. Il pathos è concentrato nel mercoledì pomeriggio che recita: 16,15-17,45. Provo a pensare all'impiegato che si avvia a quella fatica pomeridiana, quasi lo vedo abbracciare la moglie commossa sull'uscio mentre lui muove verso il suo carico di faccende, "Miniera" dei New Trolls a far da soundtrack. Distolgo il pensiero e mi scopro cinico a supporre invece che potrebbe essere un'impiegata costretta ad infilare l'impiccio tra il ritiro del figlio a scuola e la palestra. Inutile fantasticare, tanto più che potrei avere un Notificatore alle calcagna. Mentre provo a pensare a che posso aver combinato il 12 aprile, punto la macchina verso l'ufficio indicatomi. Il posto neanche sembra Roma. La presenza del Comando dei Vigili Urbani evidentemente impone regole sconosciute al resto della città. Qui le macchine sono tutte ordinatamente parcheggiate ... un pezzo di Zurigo appoggiato sul Laurentino. Ne sconto l'impossibilità di trovare un posto per la mia macchina, che finisco per adeguare a chilometri di distanza dal palazzone del Grande Notificatore degli Irreperibili. Tante vetture parcheggiate fuori lascerebbero pensare a fitta concentrazione di variegata gente, invece ad accogliermi all'ingresso c'è solo un attempato graduato dal fare simpatico "Posso aiutarla?" dice "Sì, deve salire questa rampa di scale e trova subito la porta davanti a sé". Forse pensa di tranquillizzarmi, l'urban gentil vigile. Ma so bene che Saint-Just accarezzava il suo gattino mentre la ghigliottina calava sul collo dei parigini. Piuttosto, mentre monto le scale verso il patibolo, mi sorprendo a contare i corpi di polizia che abbiamo nel nostro Paese. Primo gradino: Polizia Municipale, per fare gli onori di casa. Poi secondo gradino, Polizia di Stato e poi un altro Polizia Postale e via così ... ogni gradino una polizia. Ferroviaria, Provinciale, Penitenziaria, Fluviale, Stradale, a Cavallo, di Frontiera. Resta un mistero il perché, con tutta questa moltiplicazione di forze, tutti i delinquenti d'Europa si diano appuntamento da noi per banchettare impuniti. Ecco, sono finalmente davanti alla stanza. Una porta chiusa mi avvisa formato A4 una cosa tipo "non aprire, bussare e attendere". Faccio appena in tempo a pensare che forse avrei dovuto portarmi un pigiama quando la porta s'apre e incrocio con lo sguardo un mio simile che sta uscendo, con una grossa busta e il marchio infame di chi è stato indelebilmente notificato . No, non ti abbraccio fratello ... ma fa conto che l'abbia fatto; porta là fuori, al mondo libero, il mio saluto di pace e fratellanza tra i popoli. Da dentro una voce fa "Prego, s'accomodi", ma a farmi entrare è il coraggio dei vinti. Entro, anzi mi fermo sulla soglia. Ché l'ingresso alla stanza è bloccato da un banchetto che avrebbe potuto essere nella Robben Island di Mandela. "Ha un documento?" mi buongiorna il kapò dietro il tavolino segregazionista. Gli allungo la patente domandando se posso portare in cella l'immaginetta di Padre Pio che l'accompagna nella custodia. Quello non mi guarda nemmeno, intento com'è a rovistare in raccoglitori di legno che mi vedono mescolato a centinaia di altri irreperibili. Ho tutto il tempo di pensare a quali reati posso aver commesso nel mio tormentato transito terreno. L'essere entrato senza biglietto allo stadio di Helsinki ai Mondiali d'atletica escludo possa avermi portato fin lì, non credo che la Finlandia possa premere per la mia estradizione dopo tanti anni. Sul territorio nazionale, spero che un tabaccaio di Ponza non possa avermi denunciato per il furto di una dozzina di cartoline di un agosto che ero pischello. E poi almeno una cosa me l'hanno già fatta sapere: il crimine è stato perpetrato nell'aprile di quest'anno. "Ecco, firmi qui" mi dice il secondino mentre mi restituisce patente e immaginetta. Sono libero, insomma. Ma con una bustona che pesa sull'anima più di 12 cartoline di Ponza messe assieme. Scendo la Scala delle Cento Polizie ... il vigile gentile e simpatico non c'è più. Non c'è più nessuno; per un attimo penso di risalire su, stordire il kapò e dare alla fiamme il Grande Elenco degli Irreperibili in un catartico autodafé. Accantono la pensata e apro la bustona, arrangiandomi su una sedia dei vuoti uffici. Il 12 aprile duemiladiciannove mi si dice che impegnavo la corsia preferenziale di un pezzo della Nomentana che certo avrei preferito non impegnare, almeno quel giorno. Fanno 174 virgola qualcosa. Mai il prezzo della libertà m'è parso più a buon mercato Esco dal palazzo e la macchina è lontana. Meglio. È bello camminare da uomini reperibili.

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