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L'uomo che accarezzò la Luna


Inevitabilmente, nel celebrare i 50 anni della conquista della Luna, il pensiero va sempre a Neil Amstrong. Qui sulla Terra puoi arrivare primo alle Olimpiadi, ma vuoi mettere la soddisfazione di dire che sei stato il primo uomo a mettere piede su un altro corpo celeste. Al confronto Colombo che ha scoperto l'America ci fa la figura dell'escursionista da gita aziendale. Chi arriva primo si prende gli onori, è sempre stato così. Di Buzz Aldrin, l'altro astronauta dell'Apollo 11 che poggiò le fette sul suolo lunare, ho dovuto consultare Wikipedia per ricordarne il nome. Ma il pensiero che oggi mi viene da fare riguarda il terzo componente di quella missione, quello che mentre Amstrong e Aldrin passeggiavano su Selene era rimasto sulla navicella. Michael Collins, questo è il nome. Certamente s'è goduto qualche ora di comfort a bordo dell'Apollo, senza la forzata coabitazione degli altri due che intanto erano scesi su un trabiccolo poco più grande di una cabina doccia. Ma nell'affacciarsi dall'oblò, a rimirare quella Luna così vicina che gli sembrava di toccarla, più di un rimpianto deve averlo avuto. Nel ricordarlo oggi, lo proporrei come laico santo di tutti quelli che sono arrivati a sfiorare un obbiettivo, un risultato, ma non ce l'hanno fatta. Michael Collins ci rappresenta per tutte le volte che ci siamo sorpresi ad accarezzare un sogno senza realizzarlo. Oggi, nel celebrare il Moon Day, ricordiamoci anche di lui, di Michael Collins, l'uomo che accarezzò la Luna.

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