L'isola da comprare
Se la notizia l'avete letta, mi risparmiate di scrivere giurin-giuretto per assicurarvi che è vera: Donald Trump vuole comprare la Groenlandia dalla Danimarca per farne la 51ima stella della bandiera degli Stati Uniti. Anche se la proposta arriva dal cotonato presidente americano, aspettate a ridere e provate a seguirmi per un breve ripasso di storia. L'Alaska gli yankees lo comprarono dallo zar di Russia nel 1867 e, per rimanere sulle transazioni con Copenaghen, nel 1917 per 300 milioni di dollari diventarono americane le Indie Occidentali danesi. Anzi, a dirla tutta nel 1946 gli USA avevano già provato a comprarsi la Groenlandia, ma fu giudicata inadeguata l'offerta dell'allora presidente Truman (sì, quello delle bombe su Hiroshima e Nagasaki, evidentemente più spendaccione sul nucleare). Insomma, l'idea di acquistare un territorio non è nuova per il Pentagono e a dire il vero non contrasta neanche con il diritto internazionale, perché uno Stato può comprare un pezzo di un altro Stato se c'è una pacifica trattativa economica. Trump sarà in visita ufficiale a Copenaghen il prossimo mese e vedremo se l'annuncio dell'offerta è qualcosa in più di una boutade estiva. Ma io sarei tentato invece di giudicare molto seria la notizia. Qualche osservatore ci legge l'interesse dell'industria statunitense verso le materie prime dell'enorme isola artica, così ricca di giacimenti di petrolio, gas naturale e uranio. Chi poi aggiunge che la Groenlandia riveste una posizione geograficamente strategica dimentica che gli USA vi posseggono già una base militare. In realtà a mio avviso c'è un motivo in più ed è forse il più importante, almeno nel medio-lungo termine. Parrà strano per noi italiani, che andiamo sprecando fiato sulle piccole beghe della politica della crisi di mezzo agosto, ma il nostro pianeta sta letteralmente collassando. Il riscaldamento globale è dato incontrovertibile e oggi scopriamo che il luglio 2019 è stato il più caldo dell'ultimo secolo e mezzo. L'emergenza si è fatta così drammatica che c'è chi è arrivato a dire - e sono pareri qualificati e autorevolissimi - che abbiamo già varcato il "punto di non ritorno". Se serve per esempio, il governo delle Maldive - conscio che i loro atolli saranno sommersi dalle acque entro il 2050 - va acquistando terreni in India dove far migrare i cittadini di quell'arcipelago. Fin qui Trump ha respinto con sarcasmo gli studi sul 'global warming' e ufficialmente continua a non prendere in considerazione l'allarme ambientale. Ma è evidente che, almeno tra i suoi consiglieri più attenti, la cosa inizia a prendere una piega maledettamente seria. Niente vieta di pensare che Washington stia pensando alla Groenlandia come una possibile terra dove riparare quando Texas Colorado California e chissà quanti altri stati saranno diventati invivibili. Chissà noi che ci sorprenderemo a dire, quando ci troveremo compressi sugli Appennini con una densità di popolazione tipo Gaza. Forse ricorderemo con colpevole rimorso di quando, invece di parlare di tutela dell'ambiente, di green economy e di economia circolare, sforacchiavamo montagne per inutili ferrovie e nel Mediterraneo giocavamo a battaglia navale contro inoffensivi barconi. Per certo invidieremo chi si troverà in Groenlandia, l'isola da comprare.