Columbus Day
"Veddero un fregno buffo, co’ la testa Dipinta come fosse un giocarello, Vestito mezzo ignudo, co’ ’na cresta Tutta formata de penne d’ucello. Se fermorno. Se fecero coraggio... — Ah quell’omo!, je fecero, chi sete? — Eh!, fece, chi ho da esse'? So’ ’n servaggio!" Così Cesare Pascarella, nel suo "La scoperta de l'America", mette in rima il primo incontro tra Cristoforo Colombo e gli indigeni. Al di là della verve umoristica del grande poeta romanesco, è un fatto che il 12 ottobre 1492, quando le tre caravelle spagnole attraccarono nell'isola di San Salvador, l'America fosse già abitata. Almeno da 20mila anni e in tutta la sua estensione, dall'odierno Canada fino giù giù alla Terra del Fuoco, l'uomo si era già insediato in quello che ci ostiniamo a chiamare Nuovo Continente. Già, dopotutto non è lontano dal vero Benigni quando in "Non ci resta che piangere" spiega a Troisi che Colombo non ha scoperto niente perché gli indiani d'America erano già lì: "Come se io ora vado in Puglia e dico: Ueh, la Puglia! Oh, i pugliesi son duemila anni che stanno lì, lo sapranno che c’è la Puglia!" Si potrebbe chiudere qui, ma sarebbe ingiusto verso quel navigatore genovese che sfidò l'Atlantico e i cartografi dell'epoca, per riportare da lì pomodori, peperoni, cacao e fagioli. Dopotutto, se Colombo non avesse fatto la sua traversata le nostre esistenze sarebbero state ben peggiori: provate ad immaginare la tristezza di una vita senza la cioccolata.