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Rest in Peace, Madiba


"Dal profondo della notte che mi avvolge, nera come un pozzo da un estremo all'altro, ringrazio qualunque dio ci sia per la mia anima invincibile". Così il poeta inglese William Ernest Henley apre una sua poesia, "Invictus".

------------ A Johannesburg, in Sudafrica, c'è un vecchio forte militare che fu subito adibito a prigione. Per 27 anni in quel carcere, nel penitenziario di Constitution Hill, c'è stato il detenuto n. 46664: il suo nome era Nelson Mandela. A sei anni dalla sua scomparsa, ricordare oggi Madiba (questo l'affettuoso nomignolo che gli derivava dalla sua appartenenza all'etnia Xhosa) significa anzitutto risaltare - con la figura dell'uomo - anche la sua tempra di indomito combattente per la libertà. Su Mandela sono già stati versati fiumi d'inchiostro e certo non voglio annoiare nessuno nell'aggiungere dell'altro, ma mi sia almeno permesso rilevare due brevi passaggi della sua esemplare biografia. Il primo episodio riguarda la sua giovinezza. Aveva poco più di vent'anni quando, come per tradizione tribale, gli fu imposto un matrimonio combinato. Il giovane Nelson preferì fuggire dal paese natio piuttosto che sposare una donna che non amava. Per qualcuno sembrerà poca cosa, ma nel 1943 un gesto del genere conteneva già in nuce tutti gli elementi che caratterizzeranno poi l'impegno civile e politico di Mandela: passione, tenacia, coraggio, spirito ribelle e amore per la libertà. L'altro fatto che vorrei brevemente menzionare riguarda proprio la detenzione di Madiba. Dopo 22 anni di prigionia il governo sudafricano gli offrì la possibilità di essere scarcerato in cambio di una dichiarazione che sconfessasse la lotta armata che il suo partito (l'African National Congress) andava intraprendendo contro il regime razzista dell'apartheid. Nelson Mandela respinse la proposta e dovette quindi aspettare altri 5 anni prima di essere libero. Confessò poi, quando divenne il primo presidente nero della Repubblica del Sud Africa, che la prigione divenne la sua aula scolastica e che fu lì che perfezionò i suoi studi. A dargli forza, libri e poesie. Di queste, una più di tutte. Quella di Henley che citavo all'inizio e che si chiude con i versi "Non importa quanto stretta sia la porta, quanto impietosa sia la vita, io sono il padrone del mio destino: io sono il capitano della mia anima".

Rest in Peace, Madiba.

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