Passeggeri della stessa nave
Almeno da quando ce ne ha lasciato scritta testimonianza, l'uomo ha conosciuto numerose epidemie. Anzi, in certi casi si fa ricorso al termine "pandemie" (dal greco pan-demos, "tutto il popolo") per significarne l'estensione geografica. Ad esempio la peste comportò la morte di quasi la metà degli europei del Trecento e nel 1918 l'influenza spagnola ne uccise più della guerra mondiale appena chiusa. Le scoperte della medicina intervenute nell'ultimo secolo hanno drasticamente ridotto gli effetti di queste epidemie e addirittura per alcuni virus come quello del vaiolo si parla di scomparsa radicale, al punto che l'Organizzazione Mondiale della Sanità ne ha fatto distruggere il ceppo. E' di questi giorni la notizia di particolari casi di polmonite contratti prima in Cina, poi anche in Corea del Sud, Giappone e Thailandia. L'agente causale della malattia è un coronavirus, un genere di virus che prende il nome proprio dalla sua particolare forma, simile ad una corona. Attacca le vie respiratorie e i sintomi sono così simili a quelli di una banale influenza che va determinando un diffuso allarme anche chi tra chi ha bisogno di una semplice aspirina. Già, il rischio di una psicosi collettiva c'è sempre in queste occasioni. Ricorderete quando ci fu chi voleva spostare le Olimpiadi di Pechino per il rischio di contagio del virus Zik o della paura che attraversò il pianeta all'epoca della SARS o dell'Ebola. Chi scrive limita le sue conoscenze mediche alla lettura del termometro, ma può essere d'aiuto il fatto di sapere che c'è un organismo scientifico internazionale che si chiama GPMB (Global Preparedness Monitoring Board). Composto da esperti di fama mondiale, il GPMB ha il compito di far fronte ad emergenze globali come quelle di una pandemia. Nel suo ultimo rapporto, consultabile in rete e dall'eloquente titolo "Un mondo a rischio" , questo organismo parla espressamente del rischio di epidemie globali. Nel 1347 delle navi genovesi che tornavano dal Mediterraneo orientale portavano con loro la terribile infezione della peste nera e il contagio si trasmise per più di un decennio. Oggi lo sviluppo dei trasporti consente un così rapido spostamento dei virus che impone l'introduzione di standard internazionali nelle politiche di isolamento, di controllo e di cura. Provo allora a cogliere qualche possibile effetto positivo in queste collettive emergenze. Così come senza la peste non avremmo avuto il Decameron di Boccaccio e certe splendide pagine dei Promessi Sposi, le moderne epidemie servono per ricordarci che siamo passeggeri della stessa nave.