Un vaccino contro la vecchiaia
Della morte di Luis Sepulveda s'è già scritto molto e non voglio confondere la mia penna con quella di altre tanto più autorevoli. Qui mi limito a dire che l'ho conosciuto con il suo primo romanzo: "Il vecchio che leggeva romanzi d'amore", e intanto prendo a pretesto quella tenera storia per segnalare il dato forse più atroce di questa pandemia: sono gli anziani a contare il maggior numero dei caduti. Con il covid-19 andiamo perdendo un autentico patrimonio di vita, di cultura, di storia. Con i nostri genitori e i nostri nonni muoiono quelli che sapevano usare ancora il "lei", lo "scusa" e il "per favore". Muoiono quelli che risolvevano l'accoglienza con un "dove si mangia in 4 si mangia in 5", quelli che avevano già conosciuto le file per il pane, le privazioni, la guerra. Con gli anziani, muore la memoria storica di quel che siamo stati, muore il ricordo dei bagni a mare, dei giochi di strada, delle merende col pane, delle foto in bianco e nero, dei corredi da sposa, dei vestiti buoni della Domenica, delle cassapanche con la naftalina, della cioccolata calda, delle mani arrugate strette alle nostre di bimbi. Il coronavirus, nel sottrarci i nostri vecchi, ci svuota l'anima. Ci resta la lettura come rifugio, come invisibile fune che ci lega a chi lascia, come potente vaccino contro il tempo. Come fa dire Sepulveda al protagonista del suo libro: "Possedeva l'antidoto contro il terribile veleno della vecchiaia. Sapeva leggere."