La pastarella
Forse qualcuno di voi ha trascorso queste settimane di forzata clausura facendo ginnastica, leggendo libri, imparando a suonare uno strumento o perfezionando una lingua straniera. Io no. Io più che altro ho mangiato. Non ricordo se vi ho messo a parte del fatto che ho cambiato casa, appena prima che scattasse l'emergenza sanitaria. Mi sono ritrovato così a prendere le misure alla nuova magione e la cucina è stato certamente il locale che ho più esaminato. Ricche spaghettate e pagnottelle fuori pasto hanno scandito le ore della mia giornata e solo il sonno ha dato tregua alle mie diuturne incursioni nel frigo. Non faticherete a credermi se dico che questi luculliani baccanali hanno appesantito la mia silhouette, ma spero riusciate anche a fidarvi che, appena alleggerito il lockdown, sono subito corso ai ripari. Il guaio è che la mia dieta deve fare i conti ogni mattina col bar sotto casa. No, il barista non c'entra ... o forse sì.
Gli è che ordino il mio caffè, rigorosamente senza zucchero. Ma poi c'è lui, anzi lei, perché della femmina ha tutto il potere dell'attrazione. Lei è una pasta, una pastarella, non saprei come meglio definire quella miracolosa costruzione dolciaria. So solo che termina con un'invisibile glassa che avvolge dei pezzetti di kiwi e ananas. Ora, dico, che male volete che facciano due pezzetti di kiwi e ananas; e invece no, quei frammenti di frutta sono le sirene di Ulisse, la liberazione dal supplizio di un Tantalo, l'epica resa alla tentazione. Mi scippano dal primo mattino e mi sussurrano "siamo tue, prendici". Mi volto, evito di guardarle, arrivo a spostare la mascherina sugli occhi ma invariabilmente m'arriva la domanda confidenziale del barista "mangi qualcosa?". Accidenti barista, accidenti a te, ogni volta penso. Almeno ad Ulisse quella strega di Circe lo aveva messo in guardia, tu invece già vai ravanando scialbi cornetti integrali per far largo a lei, la pasta con kiwi e ananas. Mi arrendo, anche stamattina, come ogni mattina. Stasera petto di pollo scondito, promesso.