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Baciamano


Quando si chiuse il processo ai responsabili della morte di Stefano Cucchi, la sorella Ilaria stava lasciando l'aula quando si è vista avvicinare da un maresciallo dei carabinieri di servizio lì al Tribunale di Roma. Il milite non disse una parola, ma omaggiò di un baciamano Ilaria Cucchi, concentrando in un gesto tutta la dignità della sua divisa. Le notizie che arrivano in queste ore da Piacenza hanno dell'incredibile, al punto che eviterò di fare i nomi dei carabinieri indagati per reati che sembrano presi dalla fedina penale di un camorrista: spaccio di droga, ricettazione, estorsione, tortura (sic!), violenza privata, truffa e mi fermo qui per caritatevole sintesi. Sei mesi di indagini (la più parte svolte durante il lockdown) e 75mila intercettazioni telefoniche hanno individuato in una caserma piacentina dell'Arma un'autentica centrale del crimine. E no, non può bastare recitare il mantra de "le mele marce ci sono dappertutto", perché da chi indossa una divisa è lecito pretendere sempre un comportamento esemplare. Non tocca a me indagare sull'accaduto. Spetta agli inquirenti far luce sulle raccapriccianti pieghe di questa gravissima vicenda, spetta ai giudici individuare responsabilità e pene. Il primo commento del generale Nistri, comandante dell'Arma, va nella direzione giusta: quella di agire in fretta per restituire immediatamente alla divisa dei carabinieri la secolare dignità che gli compete. La stessa racchiusa nel nobile baciamano di quel maresciallo ad Ilaria Cucchi.

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