Negazionisti
Negazionismo. Il termine è bruttino, non c'è dubbio. È lì ad indicare chi prova a rivedere a suo modo un accadimento, presente o passato. Si adatta ad esempio a chi liquida l'Olocausto come una frottola ma si addice anche a chi in queste settimane prova a far passare il covid-19 come un'influenza passeggera. A far da corollario a questa interpretazione, l'acrobatica ipotesi che il coronavirus sia un'invenzione di imprecisati 'poteri forti' interessati al restringimento delle libertà individuali. Questo del negazionismo del covid è atteggiamento diffuso e purtroppo anche sui nostri lidi va trovando i suoi improvvisati cantori. Ma per sintesi rivolgerei l'attenzione altrove, dove la pandemia va mietendo più vittime. La lettera, pubblicata sul quotidiano "A Folha de São Paulo", porta la firma di 152 vescovi brasiliani ed è un impressionante atto di accusa al presidente Bolsonaro, quello che organizzava le grigliate con gli amici mentre il mondo era in lockdown. Con 2 milioni e mezzo di contagi e quasi 100mila morti, il Brasile oggi rappresenta, con gli USA, l'epicentro della pandemia. La gestione governativa dell'emergenza è stata colpevolmente inadeguata ed anzi Bolsonaro ha ripetutamente minimizzato gli effetti del coronavirus. I vescovi affermano nella loro lettera di assistere «a discorsi anti-scientifici che cercano di normalizzare il flagello delle migliaia di morti di Covid-19, trattandolo come il risultato del caso". Il documento dei vescovi fa il paio con la denuncia di un milione di medici e infermieri brasiliani che hanno denunciato Bolsonaro alla Corte Penale Internazionale per "genocidio e crimini contro l’umanità".
Sarei per chiudere domandando il perché c'è chi nega l'evidenza di questa drammatica crisi sanitaria. La risposta la pesco proprio dal documento dei vescovi brasiliani, che scrivono che a morire di covid sono soprattutto i diseredati delle favelas e gli indios dell'Amazzonia. Al solito, è facile da zittire l'urlo dei poveri del mondo. È sufficiente negare che esistano.