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Abbiamo visto Maradona


Germania- Argentina, alla finale di Italia '90 io c'ero. All'inizio l'Olimpico applaudì l'inno tedesco e fischiò quello argentino, io ad urlare ai miei vicini di posto checcavolo vi fischiate ma vergognatevi. Poi una volta a casa vidi in tv che Maradona accompagnò quei fischi sibilando un “hijos de puta” dall'inequivocabile labiale. Il giorno dopo scrissi al "Clarin" per scusarci con loro, per dire che se c'è un popolo amico dell'Italia sono proprio gli argentini roba che la metà sono emigrati da qui a lì, insomma apro il libro "Cuore" per dire dagli Appennini alle Ande.

(A testimoniare dell'italianità dell'Argentina un altro ricordo lontano. All'epoca della guerra delle Falklands/Malvinas un deputato inglese intervenne alla Camera dei Comuni per dire pressappoco quanto segue: "Gli argentini sono per metà ispanici e per metà italiani. Se prevarrà l'elemento spagnolo ci daranno filo da torcere, se invece affiorerà la loro anima italiana sarà una passeggiata". Io lavoravo in un giornale che si occupava di calcio femminile e l'ex-presidente di quella Federazione era un certo Leandro Franchi, un anziano signore che era stato ad El Alamein con la Folgore, quei ragazzi che invece di essere paracadutati su Malta furono spediti ad affrontare i carri inglesi armati di poche bombe e tanto coraggio. Beh, il Franchi sfidò quel deputato inglese. Dico proprio sfidò, nel senso di duello, "che sono pronto a varcare la Manica in qualsiasi momento". La cosa finì sui giornali e quando lo intervistai l'arzillo vecchietto mi disse che lasciava all'incauto britannico la scelta dell'arma, aggiungendo che sia con la pistola che con la spada quell'inglese non aveva speranze. Dovette intervenire Downing Street per inoltrare una lettera ufficiale di scuse alla Farnesina.)

Ma ecco torno a quella sera di Roma, quella della finale del Mondiale del 1990. La Germania vinse con un rigore dubbio ed io lasciai lo stadio con un bandierone dell'Argentina regalatomi da un bairense affranto per la sconfitta. Con

Roberto, anche lui sciarpato blanco y celeste, ci avventurammo per una Roma piena di coatti che insultavano Maradona e festeggiavano con i tedeschi. A un certo punto rischiammo il linciaggio per opera di una banda di teppisti e ne uscimmo vivi perché Bob ebbe la prontezza di spirito di fingerci tedeschi ubriachi lanciando il salvifico urlo "Toto Scillaciii".

Se state per chiedervi del perché c'era gente che insultava "el pibe de oro" smettetela di farlo, perché non c'è risposta. Quel che so è che Diego Armando Maradona sul campo di gioco ha strapazzato le leggi della fisica e della matematica, ha stravolto le stesse nozioni di tempo e di spazio. Qualche esempio? Andatevi a rivedere la punizione a due nell'area della Juve e ditemi se quel gol non maltratta ogni principio euclideo. Guardate come uccella Galli al Mondiale messicano e ditemi se non dipana meglio di Einstein il concetto di relatività. Ammirate di nuovo lo slalom tra gli inglesi e il gol a Shilton e poi spernacchiate Lavoisier e la sua legge del "nulla si crea". Ad un Lazio-Napoli ("che ci facevi tu che sei della Roma?" semplice, ero lì per Maradona!) ricordo un suo gol dove frantuma Newton e la legge della gravità, scambio al volo con Bertoni e palla che tocca terra solo dopo essere entrata in porta.

Qualche coglione tipo Mughini vittoriofeltra già qualche stronzata sulla vita di Diego, ma chi li sente a questi. Io so che sul campo di calcio è stata la cosa più bella che ho visto. Il football non si chiude con la sua morte, perché è sopravvissuto già al momento peggiore, che è stato quando lasciò il calcio giocato. Asciughiamoci le lacrime con la più allegra delle considerazioni. Abbiamo avuto un gran culo. Abbiamo visto Maradona.

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