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Biberoneria


Villaggio. Così lo chiamano. Ma dell'originaria definizione mantiene solo la casuale composizione dell'abitato, tanto che è raccomandabile chiamarlo "villaggio turistico".

Del dantesco 'cammin di nostra vita' ho già percorso un bel tratto e fin qui i miei viaggi non erano mai approdati a questo tipo di soluzioni, quelle del villaggio appunto. Non che ponessi delle ideologiche resistenze, ma l'idea di trascorrere le vacanze dentro questo tipo di strutture stride con la mia personale idea di villeggiatura, fatta di libertà individuale sopra ogni cosa. Una sera che inseguivo una norvegese, a Corfù, infilai la mia curiosità di ventenne all'interno di uno di questi villaggi e ne ricavai una spaventata opinione. In un improvvisato anfiteatro e al comando di un gruppo di ragazzi in calzoncini, centinaia di adulti si muovevano a tempo di "Hands up, baby hands up". Al confronto il suicidio di massa alla Guyana mi sembrò un raduno di scettici.

Sarà stata colpa del covid e delle ristrettezze che ci ha imposto, sarà stata l'insistente raccomandazione di amici fidati, ma a maggio ho invece prenotato (e subitaneamente pagato) una settimana in un villaggio turistico. Non ne farò il nome, per non incorrere in traversie giudiziarie; mi limito a dire che si trova in Salento e che ci sono stato a Ferragosto, quando in quel lembo dello stivale si erano dati inconsapevole appuntamento milioni di italiani. Ma non è della ressa agli ombrelloni, del traffico nelle strade, delle file ai bar che voglio scrivere.

Quando si parla di 'agglomerato casuale' uno pensa che ci sia variegata umanità, con equa distribuzione per età, per sesso, per stato civile. Nel mio caso no. Ho trascorso una settimana con circa 200 mamme, 200 papà e 300 bambini e ragazzi. All'arrivo mi è bastata una rapida occhiata per capire in che fitto ginepraio mi ero andato a ficcare, ma era ormai troppo tardi per uscirne. Sono stati 7 giorni 7 dove ho avuto per soundtrack le grida dei bambini, giocose e frignanti. Di carrozzine e culle potrei agevolmente comporre una dettagliata guida all'acquisto. Dalla colorata cartellonistica del kindergarten ho anche pescato alcuni stimolanti neologismi, come "biberoneria". Ho finito per sognare Brusca e Mamma Ebe nella parte che il cinema western riserva all' "arrivano i nostri".

Se davvero in Italia c'è una crisi demografica, devo aver passato in rassegna l'intera produzione nazionale dell'ultimo lustro. Per un qualche inspiegabile osmotico motivo, ho preso a mangiare omogeneizzati e biscottini Plasmon. Ciao amici, ci si vede in biberoneria.

© RADIO BELLA ETA'

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