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Nessuna luna potrebbe rischiarare un Paese deserto di giustizia


Un treno corre nella notte tra il 3 e il 4 agosto 1974. È l'espresso 1486, è l'Italicus. Partito da Roma e diretto a Monaco di Baviera, sta percorrendo la Grande Galleria dell'Appennino quando scoppia una bomba e le fiamme avvolgono immediatamente la quinta carrozza del treno.

È un attentato. Uno dei tanti, troppi, che insanguinano l'Italia di quegli anni. Anche questo rimarrà senza colpevoli, per quel macabro intreccio servizi segreti-P2-terrorismo nero che cercherà di minare le basi delle istituzioni repubblicane.

Torniamo al fumo, alle fiamme, a quella galleria. Chi può fugge da quell'inferno. Ma c'è un ragazzo di 25 anni tra quelli usciti illesi dallo scoppio. Il suo nome è Silver Sirotti, è romagnolo, studia Ingegneria ed è stato appena assunto dalle Ferrovie come controllore. C'è chi prova a fermarlo, ma invece si lancia con un estintore all'interno della carrozza dove dall'esterno si vedono muovere tra le urla le torce umane dei passeggeri. Un agente della polizia testimonierà di averlo visto al centro dello scompartimento, la pelle carbonizzata, mentre cercava di sollevare un corpo finito a terra.

Silver Sirotti è uno dei 12 morti di quell'attentato. Nella motivazione della medaglia d'oro al valor civile si legge "Esempio fulgido di eccezionale sprezzo del pericolo" e così riporta la bronzea targa affissa al binario 1 della stazione di Bologna. Accanto c'è un cartello più semplice, composto dagli studenti del "Meucci" di Carpi. C'è scritto:

SARO' LA VOCE DEL TUO LAMENTO

FRATELLO CHE CON NOI ABITAVI LA CASA

PERCHE' NESSUNA LUNA POTREBBE RISCHIARARE

UN PAESE DESERTO DI GIUSTIZIA.

A Silver Sirotti (Forlì 1949 - S. Benedetto Val di Sambro 1974)

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